Verso la fine degli anni Ottanta, il Giappone è travolto da un’ondata di musica rock e sound trasgressivi, caratterizzata da look che strizzano l’occhio all’estetica androgina. Questo movimento prenderà poi il nome di visual kei, ormai, ben conosciuto sia nel mondo dell’animazione che in quello musicale.
Un’estetica che va’ oltre la musica
Il Giappone è sempre stata una nazione ancorata alle sue tradizioni, ma la forte influenza musicale degli artisti occidentali durante gli anni Ottanta, ha permesso la nascita di questo movimento underground caratterizzato dalla rielaborazione del sound e delle estetiche occidentali, unito ad una linea melodica più traidizionale.
Il termine visual kei trae le sue radici da vijuaruヴィジュアル, dall’inglese “visual”, che sta ad indicare l’impatto visivo, e da kei 系suffisso che generalmente determinava l’appartenenza ad un gruppo sottoculturale giovanile dall’estetica distintiva: in definitiva, si può affermare che visual kei stia proprio per “persone dall’impatto visivo”.
La filosofia che domina il J-rock è proprio quella che pone l’estetica e la musica sullo stesso piano d’importanza: stupire il pubblico con il look e con il sound. Il J-rock, infatti, rappresenta il perfetto connubio tra la ricerca di una identità del rock made in Japan, e la cultura giapponese, che comprende teatro, ma anche manga e animazione. Un altro fattore chiave che fa del J-rock uno dei maggiori punti di svolta della musica giapponese è la sua visione del genere maschile. Grazie ai suoi look androgini, all’uso del make-up e alle acconciature eccentriche e femminili, questa corrente stravolge la visione maschile della società giapponese di quegli anni.
Questa estetica ribelle e provocatoria permise alla corrente musicale di vivere un vero e proprio boom, soprattutto grazie ad artisti come gli X JAPAN e i LUNA SEA. Verso la fine degli anni Novanta, il genere subì un calo d’interesse, per poi riemergere nel mainstream giapponese nel 2004.
Impressionare tramite i look estremi è sempre stato uno degli obbiettivi focus delle band che ne hanno fatto parte, e un esempio lampante lo si ritrova nello slogan della band X (celebre per il suo chitarrista HIDE) “PSYCHELIDC VIOLENCE/ CRIME OF VISUAL SHOCK” che rende l’idea del J-rock in generale.
Grazie ai primi social e all’ingresso nel nuovo millennio, il visual kei raggiunge i media stranieri specialmente attraverso i cosplayers, le prime fiere a tema e le sigle d’animazione degli anime più popolari di quel periodo.
Lo shojo manga e la sua influenza nella musica
Il visual kei e il genere manga shojo, destinato prevalentemente ad un pubblico di ragazze adolescenti, sono sempre stati uniti dall’aspetto dei componenti delle band.
Grazie agli abiti ricercati, alle capigliature voluminose e al trucco audace, le band apparivano come delle rappresentazioni tridimensionali delle figure romantiche presenti nei manga.
In queste genere di manga, le figure maschili ideali hanno sempre distrutto i costrutti sociali attribuiti alle classiche figure degli eroi, forti e distaccati dalle proprie emozioni, proponendo invece uomini dai lineamenti marcati e raffinati, spesso dai capelli lunghi e occhi grandi.
Questa categoria di personaggi maschili è meglio conosciuta nell’ambiente come bishounen 美少年 , ossia, “uomini di bell’aspetto”.
Un chiaro esempio di tale bellezza è il cantante YOSHIKI, noto per essere stato la fonte d’ispirazione per un famoso shoujo manga, mentre nelle serie cartacee, ritroviamo numerosi personaggi che racchiudono al meglio questa visione, come ad esempio, i primi esempi di bei ragazzi di Candy Candy o di Kiss me Licia. Questo genere ha sempre fatto sognare i lettori più giovani, ispirando anche il vocalist HAKUEI nei look e nelle visual che avrebbero avuto la sua band PENICILLIN.
Vi sono numerosi sottostili del visual kei, e ognuno di essi prevede precisi abiti e atteggiamenti che le band avrebbero avuto nei video musicali e ai concerti dal vivo.
- Kote kei, noto per essere il primo stile del visual kei e anche chiamato “stile classico”, caratterizzato da colori unici associati ad ogni componente della band (es. Phantasmagoria).
- Nagoya kei, che punta ad un rock più forte e dai look più duri (es. lynch).
- Angura kei, ispirato al teatro giapponese degli anni Sessanta, prevede che i membri delle band indossino abiti tradizionali come il koto e suonino lo shaminsen.
- Eroguro kei, nato dal movimento eroguro a fine degli anni Venti che unisce l’erotismo e la visione grottesca della letteratura e del cinema giapponese. Una delle band più famose di questo stile è Unsra W (2006-2011).
- Oshare kei, noto per l’estetica colorata e più comunemente conosciuta come “modaiola” e pop, trae radici dall’Harajuku street style dei primi anni 2000 e la musica dance-rock la fa da padrona. La celebre band An Cafe, attiva dal 2012, ne è un ottimo esempio.
- Shiatorikaru kei, trae le sue origini dal teatro e alla visione aristocratica dell’Europa del tardo medioevo. Questa corrente d’ispirazione gotica pone il romanticismo cupo alla base del look, infatti, castelli e cimiteri appaiono spesso nelle ambientazioni che prevedono le copertine delle band in questione. Un esempio di questo stile è la band MALICE MIZER.
Il visual kei ha abbattuto stereotipi sui modelli di virilità normalmente più riconosciuti e approvati dalla società, merito della rielaborazione dell’estetica dell’uomo e all’inclusività dei generi tramite la percezione adrogina dei propri membri: un corpo neutro, libero dalle convenzioni sociali e che funge da mezzo per l’espressione di tantissimi giovani in cerca della propria individualità. Il J-rock rappresenta una parte fondamentale dell’animazione giapponese, ma soprattutto, della storia del Giappone.